L’apparizione
in rete di “appunti” non autorizzati e di “commenti” alla
Minzolini impone allo scrivente cronista (sempre presente sui luoghi
dei misfatti) di narrare a quei pochi distratti lettori di questo
blog le reali vicende che videro protagonisti, durante il regno di
Mario XIII, i quattro moschettieri: Nino D'Artagnan, Nino Athos,
Mariano Porthos e Piero Aramis.
Tutto
iniziò un lunedì di maggio del 2011, all’indomani dell’ennesima
mezza ca panna (ops, della tanta attesa mezza maratona di Terrasini).
Stanchi delle solite
ripetute, dei medi e dei piramidali, degli indici e dei prismali, i
su menzionati moschettieri ebbero un’idea malsana: tentare la
scalata di Dinnamare.
Il tutto ovviamente
all’insaputa di re Mario XIII, meglio conosciuto come “Mario il
profeta”.
Ma
dopo pochi e furtivi allenamenti in zona Colli, re Mario, da vecchia
volpe della pista, si accorse che quelle assenze nelle sedute
tecniche del mercoledì non erano dovute ad improbabili mal di
pancia, ad inverosimili impegni di lavoro o a fantascientifici
appuntamenti galanti, bensì a quella gara maledetta, foriera
d’infortuni e cali di forma, madre di tutte le cattive prestazioni
per i futuri dieci anni.
E quel che è peggio,
Mario il Profeta si accorse che i quattro venivano allenati (o
meglio, sfamati a pane e sasizza) dall’infido Cardinale Massimo
Richelieu.
Il
re non perse tempo. Lanciò immediatamente l’anatema. L’ira
funesta fu tale che per quaranta giorni e quaranta notti piovve
ininterrottamente sul piccolo regno del Cappuccini.
All’alba del
quarantunesimo giorno (era il 19 giugno) Re Mario perdonò i quattro
malcapitati, la pioggia improvvisamente cessò, le acque si
ritirarono e i quattro moschettieri iniziarono la scalata verso
Dinnamare sotto un sole cocente ed una temperatura africana (30°
all’ombra).
Il risultato fu assai
deludente, anzi fallimentare: tutti e quattro sopra le due ore!
Fu
allora che re Mario XIII, come la Sibilla, si pronunciò: “non più
gare nefaste, non più male figure, non più presi per il culo dalle
altre squadre, d’ora innanzi vi allenerò io! Vi farò fare la
maratona in tre ore e mezza, anzi voglio essere più preciso:
D’Artagnan 3.29.51, Athos 3.31.11, Porthos 3.31.11 e Aramis
3.31.12”.
La scelta ricadde sulla
maratona di Firenze del 27 Novembre; non tanto perché tecnicamente
adatta ai moschettieri ma essenzialmente perché si sarebbe svolta lo
stesso giorno della famosa e celebrata Mezza del Mediterraneo di
Reggio Calabria, gara alla quale avrebbero partecipato i favoriti del
re (Dario I e Dario II) con risultati di tale livello da offuscare,
anzi occultare, un’eventuale magra figura in terra toscana.
Da
quel giorno, la vita dei quattro moschettieri cambiò radicalmente.
Niente alcol, niente
droghe, niente sesso e, soprattutto, niente pane e sasizza: solo
chilometri su chilometri e, come premio, al termine di ogni seduta un
paio di scarpe vecchie per sostituire quelle prematuramente usurate.
Dopo migliaia di
chilometri, percorsi senza alcuna assistenza (re Mario, pur
trovandosi in zona, preferiva andare al bar con le donnine del suo
reame), i quattro moschettieri, tra l’indifferenza generale,
portarono a termine l’ultima faticosa seduta di allenamento: il
lunghissimo da 72 km.
Al termine della seduta,
Re Mario si materializzò e consegnò a ciascuno dei discepoli una
barretta di maltococaina dicendo: “Prendetela e mangiatevela tutta
al primo chilometro, questa è roba buona acquistata con sacrificio
per voi”. Poi, allo stesso modo prese un nastrino colorato, gli
fece un bel ruppo e disse: “Prendetelo e attaccatelo al pettorale,
all’interno ho scritto il vostro tempo, scioglietelo soltanto alla
fine della gara. Fate questo in memoria di me”.
Rincuorati
e rinfrancati, i quattro “scappati di casa” (così venivano
appellati dai rivali della Stileoccupato che giustamente nutrivano
seri dubbi sul metodo di re Mario XIII basato sulla quantità e non
sulla qualità), partirono con un aereo privato (gentilmente offerto
dalla Malatino Gioielli) per Firenze dove giunsero al tramonto del 25
novembre (in tempo per la prima lauta cena).
Nel capoluogo toscano, i
quattro dimenticarono immediatamente la loro missione e, nonostante
le mogli al seguito, si diedero ai bagordi e ai baccanali a base di
fiorentina (la bistecca) e Brunello di Montalcino.
Il
mattino del 27 novembre il sole era già alto ma i quattro
moschettieri dormivano ancora, satolli per l’ultima abbondante
cena.
Porthos era nel meglio
del sonno, sognava di partecipare da protagonista ad un’orgia
scandinava al ritmo di tamburi africani. In realtà quel rumore
incessante non era il battito di un tamburo ma quello di Re Mario
XIII che bussava ripetutamente alla porta della stanza dell’albergo.
Era accaduto, che causa
la derattizzazione e disinfestazione della città, la Mezza di Reggio
Calabria era stata annullata e “Mario il profeta”, non trovando
di meglio da fare in quella santa domenica di novembre (tutte le
donnine del reame avevano le loro … cose), si era catapultato a
Firenze con il primo vagone merci notturno in partenza da Villa San
Giovanni con addosso (ben celato in un buco ricavato all’interno
del suo corpo) un composto magico a base di anfetamina.
Immaginatevi
cosa provò il povero Porthos quando vide lo sguardo severo del capo;
balbettando riuscì a proferire soltanto “ero in bagno .. avevo un
po’ di diarrea ….”.
Tuttavia, in appena
centoventi secondi, Porthos era già in divisa nera pronto per
raggiungere la partenza. Anche gli altri, interrotti sul più bello
dal trillo del telefonino, non si persero d’animo ed in soli tre
minuti (loro personale sui 1.500 metri) arrivarono all’appuntamento dissimulando una frequenza cardiaca ben oltre la soglia.
Lo
sparo seguì di qualche secondo l’immonda consegna.
La maltococaina assunta
al primo chilometro non sortì l’effetto sperato. Alle Cascine
l’andatura era di sei minuti al Km. Alla mezza il cronometro
segnava già due ore, al trentesimo i quattro videro anzitempo il
muro del trentaseiesimo chilometro ed al trentaseiesimo chilometro
udirono il canto delle Sirene che l’invitavano a fermarsi in cambio
del “tempo” nella scalata di Dinnamare del 2012.
Ma
quando tutto sembrava perduto e già si pensava in quale società
(Lineaform la più accreditata) trasferirsi d’urgenza, ecco che
Nino D’Artagnan (che dei quattro aveva il cervello più in alto) si
ricordò dello sporco ma provvidenziale miscuglio.
Boccheggiando avvertì i
suoi compagni di sventura, tirò fuori la superanfetamina ed
assuntala in un sol colpo iniziò con una progressione degna del
migliore dei bummati che lo condusse, alla velocità del neutrino,
sul traguardo agognato.
Anche gli altri lo
seguirono (Nino Athos inghiottì persino la carta stagnola) e in men
che non si dica tutti e tre entrarono trionfali a Piazza Santa Croce
abbracciati e sorridenti.
Nel rettilineo finale,
tra il tripudio della folla festante, Piero Aramis ebbe persino il
tempo di fermarsi per essere meglio immortalato dal solito fotografo
prezzolato.
Alla fine i tempi erano
stati rispettati: Nino D’Artagnan 3.29.51, Nino Athos 3.31.11,
Mariano Porthos 3.31.11 e Piero Aramis 3.31.12”. L’unico
inconveniente fu quello che sino a sera inoltrata l’effetto della
sostanza proibita costrinse Athos, Porthos e Aramis a rimanere
avvinghiati.
Ma
tutto è bene quel che finisce bene: nessuno si accorse dello
squallido stratagemma; re Mario XIII era soddisfatto, l’onore era
salvo e al rientro tutti avrebbero osannato il suo grande metodo di
allenamento basato sulla sola quantità (più chilometri si fanno,
più si acquisisce il ritmo maratona).
Ed infatti, giunti a
Messina (questa volta con un elicottero messo a disposizione dalla
capogruppo Malatino S.p.A.) le lodi si sprecarono; i quattro
iniziarono a buccazziarsi; per sette settimane non si parlò d’altro;
Berlino, New York, Boston, Londra, Chicago divennero modeste
kermesses alle quali partecipare solo se invitati e profumatamente
pagati.
I nostri moschettieri
ovviamente continuarono a correre al soldo di Re Mario XIII (da quel
giorno detto anche “Mario il chimico”) regalando alla squadra
effimeri momenti di gloria (il più delle volte pagati a caro prezzo
…..).
A
Giugno del 2012, in occasione della scalata di Dinnamare, …. . Ma
questa è un’altra storia e oggi ho già scritto abbastanza.
Mariano
Tanto di cappello...mi sa che devo investire un po' di capitali in questa Malatino S.p.A....dicono si viaggi bene ;)
RispondiEliminaI belive in Mariano!
RispondiEliminaForever!
k
se non ci fosse Mariano....bisognerebbe inventarlo.
RispondiEliminaGrande...ci vediamo senz'altro per la Scalata (senza dirlo a Re Mario e con l'allenamento del Cardinale Richelieu)
CP
un grandeeee.... plauso per la tua capacita' narrativa caro mariano "porthos",ma ancor di piu' alla tua grandeeee.... umanita'!!
RispondiEliminaLUK
Grazie.
RispondiEliminaNon solo a Dario, a k, a CP e a LUK (a proposito, chi sei?), ma anche a tutti agli altri che hanno avuto la pazienza di leggere "La vera storia dei quattro moschettieri" e che per due minuti avranno anche sorriso.
Bellissima storia. Bravo per l'ironia, la relazione degli eventi, per la capacità narrativa e per l'intenzione di farlo per far sorridere tutti. Ci sei riuscito. Grazie.
RispondiEliminaNon resisterò alla tentazione per la prossima scalata, specialmente dopo aver apprezzato il metodo i allenamento (pane e sasizza) del Cardinale M. Richelieu. E che Re Mario ce la mandi buona.
AnFo